Vi segnaliamo un interessante articolo che tratta il delicato tema della diagnosi precoce:
In questo articolo la dott.ssa Dillenburger sottolinea alcuni importanti concetti in merito all’importanza della diagnosi precoce, a come essa sia spesso, erroneamente, sottovalutata e posticipata e come essa rappresenti, invece, una variabile chiave ai fini del tipo di intervento proposto e nel promuovere miglioramenti significativi per i bambini con autismo, fino a portarli, in alcuni casi, alla revoca della diagnosi (per un approfondimento sul tema della revoca della diagnosi, si veda
"Alcune precisazioni sul concetto di guarigione dall'autismo")
Le recenti definizioni di autismo tendono a presentare questo disturbo come un disturbo che accompagnerà il soggetto per tutta la sua vita. La maggiorparte degli interventi attualmente proposti, tendono, di conseguenza, ad essere pensati come interventi che caratterizzeranno tutta la vita del ragazzo con autismo.
Questa considerazione, secondo l’autrice, ha come conseguenza la tendenza da parte di professionisti di posticipare deliberatamente il momento della diagnosi “per timore che sia per sempre”. Così facendo la diagnosi viene posticipata anche fino a 5 anni dopo la rilevazione dei primi sintomi. Uno studio condotto nel contesto britannico “UK Millenium Cohort Study”, su 18500 bambini ha messo in evidenza come molti dei bambini che hanno ricevuto una diagnosi di autismo all’età di 5 anni presentavano problematicità connesse allo sviluppo e alla salute a partire dai 9 mesi e deficit nelle abilità comunicative, motorie e sociali a 3 anni.
Un primo dato interessante da commentare riguarda l’affermazione “l’autismo è per sempre”, dati recenti dimostrano come in realtà sia sempre maggiore il numero di bambini con autismo che nel corso della propria vita “guarisce” ovvero arriva a non soddisfare più i criteri diagnostici per tale disturbo. Un aspetto importante da sottolineare è che questi bambini non “guariscono” miracolosamente dall’autismo. Tutti questi bambini hanno ricevuto un intervento intensivo e precoce basato sui principi dell’Analisi del Comportamento, dall’età di due anni. Ciò significa che hanno seguito percorsi di insegnamento in modo sistematico e supervisionato da personale altamente qualificato all’interno di un contesto giocoso (caratteristico dei bambini a sviluppo neurotipico di 2 anni).
Alcune riflessioni che possiamo formulare a partire da questi dati riguardano prima di tutto l’influenza che la diagnosi ha sull’inizio del trattamento: fare una diagnosi precoce significa potere intervenire in modo precoce, quando ancora il cervello è dotato di estrema plasticità e potenziare quindi le possibilità di apprendimento del bambino. Se confrontiamo le competenze acquisite da adulti con autismo che hanno ricevuto la diagnosi precoce e quelli che l’hanno avuta a 6 anni si notano delle differenze significative per quanto riguarda QI, sviluppo del linguaggio vocale, e abilità funzionali: chi l’ha ricevuta a 6 anni effettua molti meno progressi rispetto a chi l’ha ricevuta a tre.
Alla luce di quanto sopra esposto, secondo la dott.ssa Dillenburger è da ritenersi una violazione dei principi etici la posticipazione della diagnosi in quanto essa si ripercuote negativamente sull’apprendimento di future abilità e sulle possibilità di adattamento future del ragazzo.